Dal Settecento ai giorni nostri




Il 1700

Il Settecento è l’età dei “lumi”, l'epoca dell'illuminismo, delle nuove esigenze razionali e della prima rivoluzione industriale. In tutta l'Europa si sviluppa una nuova idea di modernità, che si basa sul senso laico della cultura. Il tratto essenziale della cultura italiana di questo periodo è un equilibrio fra ricerca razionale (illuministica), reazione antibarocca e recupero del classicismo.

Questo nuovo fermento culturale sfocia, sia nelle arti figurative che in poesia, nel movimento del Neoclassicismo. I tre grandi autori del Settecento che meglio interpretano lo spirito rinnovatore dell’illuminismo sono Carlo Goldoni (1707-1793), protagonista della riforma della commedia, Giuseppe Parini e Vittorio Alfieri i quali si dedicano soprattutto alla tragedia di carattere politico ed esistenziale. Tra gli altri ricordiamo anche Muratori e Vico: fondatori di una nuova filosofia della storia incentrata sull’uomo e la razionalità.

Goldoni, allontanandosi dalla commedia dell'arte, si propose di scrivere il testo teatrale nella sua completezza, in modo da poter determinare il carattere psicologico dei personaggi, portando sulla scena la rappresentazione della realtà sociale e non una sua caricatura.

Gli scrittori neoclassici, e il poeta Ugo Foscolo (1778-1827) in particolare, anticipano anche alcuni aspetti del romanticismo, esprimendo l’amor di patria, la partecipazione agli eventi storici del loro tempo, la nostalgia del passato. Lui testimonia il complesso disagio di una cultura combattuta a inizio secolo fra classicismo e modernità.

 

lume: свет разума, сознание illuminismo: просветительство laico: светский recupero: восстановление disagio: затруднение, неудобство

 

I Canti - Alla Luna (Giacomo Leopardi)
O graziosa luna, io mi rammento Che, or volge l'anno, sovra questo colle Io venia pien d'angoscia a rimirarti: E tu pendevi allor su quella selva Siccome or fai, che tutta la rischiari. Ma nebuloso e tremulo dal pianto Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci Il tuo volto apparia, che travagliosa Era mia vita: ed è, nè cangia stile, O mia diletta luna. E pur mi giova La ricordanza, e il noverar l'etate Del mio dolore. Oh come grato occorre Nel tempo giovanil, quando ancor lungo La speme e breve ha la memoria il corso, Il rimembrar delle passate cose, Ancor che triste, e che l'affanno duri!

 

 

Alla Sera (Ugo Foscolo 1803)
Forse perché della fatal quïete Tu sei l'imago a me sì cara vieni O sera! E quando ti corteggian liete Le nubi estive e i zeffiri sereni, E quando dal nevoso aere inquïete Tenebre e lunghe all'universo meni Sempre scendi invocata, e le secrete Vie del mio cor soavemente tieni. Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme che vanno al nulla eterno; e intanto fugge questo reo tempo, e van con lui le torme Delle cure onde meco egli si strugge; e mentre io guardo la tua pace, dorme Quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.

Il 1800

L'Ottocento, almeno nella prima metà, è il secolo del romanticismo in Italia. La ragione illuministica è sostituita dall’ideale di una radicale libertà degli individui e dei popoli, incentrata in aspetti irrazionali e spirituali. Alessandro Manzoni (1785-1873) si sente pienamente uno scrittore romantico: I promessi sposi (1840) sono il tentativo riuscito di realizzare una letteratura nazionale e popolare. Nasce una lingua nuova, non letteraria ma comune e comprensibile, ma anche una storia nuova, cioè la realtà vista e vissuta dalla parte degli umili.

Manzoni scrive, dunque, il primo grande romanzo della letteratura italiana. Questo in Italia apre la strada al verismo, i cui scrittori prestano attenzione al presente e agli aspetti della quotidianità. L’intenzione di far emergere dalla pagina la realtà come se si “fosse fatta da sé” si realizza, ad esempio, nei Malavoglia (1880) di Giovanni Verga (1840-1922) attraverso precise scelte linguistiche e formali.

 

umile: бедный; простой quotidianità: ежедневность, обыденность emergere: появлятьс; явсплывать

 

Ipromessi sposi (Alessandro Manzoni)
- Signor curato, - disse un di que' due, piantandogli gli occhi in faccia. - Cosa comanda? - rispose subito don Abbondio, alzando i suoi dal libro, che gli restò spalancato nelle mani, come sur un leggìo. - Lei ha intenzione, - proseguì l'altro, con l'atto minaccioso e iracondo di chi coglie un suo inferiore sull'intraprendere una ribalderia, - lei ha intenzione di maritar domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella! - Cioè... - rispose, con voce tremolante, don Abbondio: - cioè. Lor signori son uomini di mondo, e sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero curato non c'entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi... e poi, vengon da noi, come s'anderebbe a un banco a riscotere; e noi... noi siamo i servitori del comune. - Or bene, - gli disse il bravo, all'orecchio, ma in tono solenne di comando, - questo matrimonio non s'ha da fare, né domani, né mai. - Ma, signori miei, - replicò don Abbondio, con la voce mansueta e gentile di chi vuol persuadere un impaziente, - ma, signori miei, si degnino di mettersi ne' miei panni. Se la cosa dipendesse da me,... vedon bene che a me non me ne vien nulla in tasca... - Orsù, - interruppe il bravo, - se la cosa avesse a decidersi a ciarle, lei ci metterebbe in sacco. Noi non ne sappiamo, né vogliam saperne di più. Uomo avvertito... lei c'intende. - Ma lor signori son troppo giusti, troppo ragionevoli... - Ma, - interruppe questa volta l'altro compagnone, che non aveva parlato fin allora, - ma il matrimonio non si farà, o... - e qui una buona bestemmia, - o chi lo farà non se ne pentirà, perché non ne avrà tempo, e... - un'altra bestemmia. - Zitto, zitto, - riprese il primo oratore: - il signor curato è un uomo che sa il viver del mondo; e noi siam galantuomini, che non vogliam fargli del male, purché abbia giudizio. Signor curato, l'illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone la riverisce caramente. Questo nome fu, nella mente di don Abbondio, come, nel forte d'un temporale notturno, un lampo che illumina momentaneamente e in confuso gli oggetti, e accresce il terrore. Fece, come per istinto, un grand'inchino, e disse: - se mi sapessero suggerire... - Oh! suggerire a lei che sa di latino! - interruppe ancora il bravo, con un riso tra lo sguaiato e il feroce. - A lei tocca. E sopra tutto, non si lasci uscir parola su questo avviso che le abbiam dato per suo bene; altrimenti... ehm... sarebbe lo stesso che fare quel tal matrimonio. Via, che vuol che si dica in suo nome all'illustrissimo signor don Rodrigo? - Il mio rispetto... - Si spieghi meglio! -... Disposto... disposto sempre all'ubbidienza -. E, proferendo queste parole, non sapeva nemmen lui se faceva una promessa, o un complimento. I bravi le presero, o mostraron di prenderle nel significato più serio.

Giacomo Leopardi (1798-1837) si afferma come il maggiore poeta italiano dell'Ottocento: la sua esperienza poetica significa, in effetti, la rinascita di una poesia italiana di valore internazionale. Lui è il fondatore della moderna poesia italiana. La sua eccezionalità -­ anche rispetto alla cultura internazionale -­ si rivela nel fatto che fu poeta moderno e innovatore, pur definendosi antiromantico e interessato a una continuità stretta con la tradizione. Tutto questo rientra nel quadro di un drammatico pessimismo cosmico. D'altra parte, il suo classicismo è molto lontano dalla vuota letterarietà di tanti neoclassici italiani. La grandezza di Leopardi si sintetizza in una semplicissima formula: aver pensato alla poesia come strumento per capire l’esistenza e cercare la verità.

Un altro grande di questo periodo intermedio fu il poeta Giosuè Carducci che sostenne il valore dei modelli classici contro i fautori della strofa libera e del verso libero, rifiutando così i modelli della poesia moderna che, da Giacomo Leopardi passando per Giovanni Pascoli in poi, non si riteneva più obbligata a seguire le regole della metrica.

Nel tardo Ottocento, all’interno dell’inquietudine esistenziale indicata con il termine di Decadentismo, si sviluppano nuovi orientamenti artistici: Gabriele D’Annunzio è per quarant’anni il dominatore del gusto letterario in Italia e ancora oggi siamo attratti dal fascino inquieto e contradditorio della sua arte. Andrea Sperelli, protagonista del romanzo Piacere (1889), incarna un tipo umano cinico e dissoluto, un dandy che, animato dall’aspirazione alla bellezza, si propone l’eleganza e l’esteriorità come fine della vita, disprezzando quanto è mediocre e banale; l’atteggiamento provocatorio e amorale e le vicende sentimentali, erotiche o intellettuali, di questo eroe superuomo sono espresse in una lingua preziosa e raffinata come gli ambienti descritti.

 

continuità: непрерывность; бесперебойность letterarietà: литературность; книжность strumento: средство fautore: приверженец, сторонник inquietudine: беспокойство, тревога, волнение contradditorio: противоречивый il fine: цель mediocre: посредственный, заурядный raffinato: утончённый; изысканный

 

La pioggia nel pineto (Gabriele D’Annunzio)  
Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove sui pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri...

Il 1900

L'inizio del secolo fino alla Prima guerra mondiale è ancora caratterizzato dall'influsso dei tre grandi poeti a cavallo tra Otto e Novecento: Carducci, Pascoli e D'Annunzio. A questi ultimi si contrappongono da un lato la corrente del crepuscolarismo (Guido Gozzano) e il cenacolo della "Voce", per via ironico-esistenziale; e dall'altro il movimento del futurismo (Filippo T. Marinetti) per via avanguardistica.

Parallelamente si realizzano le due maggiori esperienze letterarie di livello europeo: la drammaturgia di Luigi Pirandello e la narrativa di Italo Svevo (1861-1928). Pirandello compie una grande rivoluzione nel teatro italiano e internazionale. Partito dal naturalismo, approda a una tecnica che, a differenza di quella ottocentesca, rinuncia all'unicità della voce narrante. Mostrare la "duplicità" comica e tragica dell'esistenza significa descrivere l'apparenza, le contraddizioni e le ambiguità tipiche dell'uomo del Novecento. Svevo, con il suo La coscienza di Zeno, dà vita al primo romanzo italiano di carattere psicologico, genere fino ad allora sconosciuto in Italia.

Gli anni ’30 del novecento sono caratterizzati dalla corrente poetica dell’ermetismo. La creatività poetica si concentra sul valore puramente espressivo della parola, cercando rifugio dalla realtà storica in una vaga dimensione religiosa. Salvatore Quasimodo (1901-1968) è uno tra gli esponenti più significativi di questo movimento.

 

 

Sempre in poesia, l'opera di Saba e Ungaretti è una rivoluzione quasi inconsapevole. Saba cerca la semplicità della parola, la musicalità del verso, un paesaggio reale e quotidiano. In Ungaretti è più evidente il confronto con la tradizione francese; la sua poesia coglie l'innocenza e la nuda verità umana anche delle circostanze più tragiche. Entrambi i poeti insieme con Campana, Rebora e Sbarbaro inaugurano la nuova poesia italiana del Novecento.

Eugenio Montale è forse il poeta italiano più grande del Novecento, fu il poeta della decenza e del rigore. La sua poesia è lontana da qualsiasi astrazione ideologica e riuscì a mostrare, nella complessità della sua ricerca espressiva, il senso di un'autenticità umana. La sua poesia ha avuto un influenza enorme sulla poesia contemporanea.

 

 

narrativa: художественная проза approdare: приходить, достигать ambiguità: двойственность, двуличность rifugio: убежище vago: неопределённый involontario: непроизводный, безотчетный innocenza: невинность, непорочность decenza: приличие, пристойность rigore: строгость

 

Natale (Quasimodo) Soldati (Ungaretti) Mattina (Ungaretti)  
Natale. Guardo il presepe scolpito, dove sono i pastori appena giunti alla povera stalla di Betlemme. Anche i Re Magi nelle lunghe vesti salutano il potente Re del mondo. Pace nella finzione e nel silenzio delle figure di legno: ecco i vecchi del villaggio e la stella che risplende, e l'asinello di colore azzurro. Pace nel cuore di Cristo in eterno; ma non v'è pace nel cuore dell'uomo. Anche con Cristo e sono venti secoli il fratello si scaglia sul fratello. Ma c'è chi ascolta il pianto del bambino che morirà poi in croce fra due ladri? Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie.   M'illumino d'immenso.  
  Spesso il male di vivere ho incontrato(Montale)    
Spesso il male di vivere ho incontrato: era il rivo strozzato che gorgoglia, era l'incartocciarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato.   Bene non seppi; fuori del prodigio che schiude la divina Indifferenza: era la statua nella sonnolenza del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.    
   


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